Turismo a Firenza: ricerca del CESIFIN
Turismo a Firenze (in Toscana)
La ricerca promossa da CESIFIN mette nella dovuta evidenza questa estrema complessità di un turismo assai variegato, ma nel quale ogni tipologia (meglio sarebbe parlare di “motivazione”) è costretta a vivere e convivere con le altre in termini di concorrenza almeno nella utilizzazione di qualche risorsa pur avendo spesso un fine ultimo comune.
È un vero e proprio sistema, cioè un grandioso complicato interrelarsi socio-politico-economico-culturale di attività, che è il caso di guardare più da vicino, eleggendo Firenze come nostro occasionale punto di osservazione.
In primo luogo, come è ultra noto, Firenze, dispone di un unicuum di offerta turistica integrata che rappresenta il meglio che l’arte e la cultura del mondo occidentale sono riuscite ad esprimere per almeno alcuni secoli.
Ma l’attrattiva turistica fiorentina non è data soltanto da un insieme di incomparabili capolavori visivi-artistici, ma dal fatto che essi vanno fruiti in un certo ambiente, camminando su un selciato che ricorda quello dei secoli passati, dentro una tradizione che si rinnova senza essere stravolta e che deve risultare inconfondibile, perché ricorda il ritmo della vita di altri tempi, con grandi spazi riservati ai palazzi del potere politico, religioso, amministrativo, giudiziario, con un idioma vernacolare che non è un trascurabile valore di attrazione turistica, così come non lo sono almeno alcuni prodotti culinari che restano tipici della città di ieri e di oggi.
Il turista a Firenze apprezza il convivere, quasi l’intrecciarsi, a pochi metri di distanza, nella sua occasionale permanenza, con aree residenziali, con quelle destinate alle produzioni artigianali, oppure alle attività politiche-amministrative e a centri di studio o di ricerca.
Luoghi di alloggio o di ristorazione di grande e riconosciuta qualità si spartiscono lo spazio con altri di minore pretesa e tutti debbono prosperare alla condizione che non si finisca per affogare questa “idea” nel mare indistinto per cui nella immaginazione corrente del turista Firenze diviene il luogo dove vi sono tante belle cose da vedere, ma dove si può vivere, nutrirsi, comportarsi come si fa in una qualunque località turistica oggi di moda.
In questa consapevolezza, non deve trasparire alcun senso di nobiliare lignaggio, ma piuttosto il dovere che avvertiamo di rendere Firenze un luogo turistico per eccellenza dove il “nuovo” mantiene una sua patina inconfondibile.
Non c’è da stupirsi se questo coesistere lascia qualcuno appagato e qualche altro insoddisfatto. Sono per questo consapevole della complessità del problema che pongo, peraltro ben noto.
Eppure la “Firenze turistica” è questa, se non vogliamo che si riduca ad un insieme di “manufatti” di irripetibile qualità i quali saranno nel futuro prossimo fruibili anche a distanza, con strumenti video e sonori.
L’offerta turistica fiorentina – non quella che determina il turismo burocratico, quello commerciale, quello medico-sanitario, ma quella che identifica e rende unica questa città – è ormai estesa in buona parte della sua area metropolitana.
L’opera che è stata fatta in anni recenti per mettere a “coltura turistica” palazzi, chiese, musei, cenacoli, centri urbani detti impropriamente “minori” è stata imponente, grazie ad interventi dovuti ad enti pubblici od istituzioni private.
Ma in questa vastissima offerta, fatta di più di settanta destinazioni artistico-museali di elevata qualità, il turista comune, anche quello “colto”, continua a distinguere e privilegiare una decina di luoghi museali e monumentali che interessano la stragrande maggioranza della domanda turistica, come la presente indagine promossa documenta in modo convincente.
Come per ogni località turistica di successo, sono queste le ragioni che determinano la attrattività turistica di Firenze, che ha, sotto questo riguardo, una ampiezza di offerta difficilmente riscontrabile altrove, ma anche una vasta capacità produttiva inutilizzata.
Ma questa offerta turistica premium, quella cioè da sola capace di provocare uno spostamento turistico, comporta a Firenze, come spesso anche altrove, elevati costi di manutenzione e dà luogo a conflitti strutturalmente continuati con i residenti, con gli artigiani, con i centri ricettivi “minori”, con i luoghi di produzione di cibi tipicamente fiorentini.
Parlando per esclusione, sembra corretto assumere che una Firenze assalita da golden hordes, nella quale i turisti si limitano a visitare pochi punti di eccellenza di questa offerta turistica premium per consumare uno spuntino fast food su uno scalino di un monumento, o di una abitazione, senza neppure assaporare un piccolo tratto della civiltà municipale che ha edificato questo unicuum turistico, finirebbe per immiserire la sua caratura turistica, così da togliere a tutti il fascino di una occasione capace di determinare emozioni irripetibili.
Sta a noi capire le ragioni di certe motivazioni, senza alcuna iattanza, ma adoperandosi perché si vada a chiedere alla Firenze turistica quello che la città ed i suoi cittadini sono in grado di offrire.
Il turista fa sempre una domanda composita di beni e servizi prodotti in via privata oppure beni e servizi “pubblici “.
Per i primi il vincolo di bilancio è rilevante per l’impresa ed è di periodo relativamente breve.
Per i secondi il vincolo di bilancio assume (o deve assumere) rilievo nel medio-lungo andare e deve essere costruito includendovi valori di segno attivo o passivo, di natura anche non economica, di arduo accertamento, destinati ad essere sopportati da finanza pubblica e, quindi, da misure di inevitabile impopolarità.
In quanto consumati collettivamente, i beni pubblici sono la condizione ordinaria di vita per il residente e sono una indispensabile pre-condizione per il turista.
Ma se quest’ultimo tende comunque a vivere una piccola quota-parte della sua vita nella destinazione turistica, volendo avere a disposizione beni e servizi di cui dispone a casa sua, la domanda globale ha tendenzialmente una composizione analoga, ma non uguale sia per i residenti che per il turista.
Si apre qui il complicatissimo problema del chi paga? per i beni e servizi pubblici prodotti e/o consumati in una determinata località turistica, come si andrà a dire di seguito.
Resta il fatto che in questa domanda aggregata di residenti e di turisti, una parte è dovuta a soggetti ben identificati che sono anche degli ordinari contribuenti tributari; l’altra è senza volto e senza indirizzo, paga le tasse altrove e ha una propria funzione di domanda ed una potenziale, ma a noi sconosciuta, propensione a partecipare proquota al costo del servizio pubblico.